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A.B. 10 febbraio 2016
A Cagliari, alla scoperta di un´Asia dimenticata
Da domani e fino a domenica 27 marzo, gli spazio del Centro comunale d´arte Il Ghetto ospiteranno Chi Guarda, la mostra fotografica di Arianna Di Romano e Paolo Manca


CAGLIARI - Un viaggio avventuroso ed affascinante nel cuore del continente asiatico fino al Giappone, alla scoperta di un'umanità spesso dimenticata. Una mostra fotografica racconta quasi duecento giorni di viaggio in ottanta scatti di grande intensità. La mostra Chi Guarda-alla scoperta di un'Asia dimenticata racconta, per immagini, la sintesi di un viaggio realizzato nel 2015 e durato sei mesi, nel quale Arianna Di Romano e Paolo Manca hanno percorso 40mila chilometri, con ogni mezzo: piedi, aereo, barca, moto, bici, treno e mongolfiera attraversando Thailandia, Laos, Cambogia, Vietnam, Malesia, Singapore, Corea del Sud e Giappone. L'esposizione si inaugura nel Centro comunale d'arte Il Ghetto di Cagliari, domani, giovedì 11 febbraio alle ore 18.30 e sarà visitabile fino a domenica 27 marzo.

Attraverso cinquanta riproduzioni fotografiche di grande formato ed altre trenta immagini più piccole, la mostra intende raccontare le storie dei personaggi di alcune piccole comunità, normalmente non raggiunte dalle rotte turistiche. Il filo conduttore è sempre lo stesso: lo sguardo. Da quello rubato a quello ricambiato, da quello del personaggio più anziano a quello che vede come autore-attore il più giovane del villaggio. Il viaggio è iniziato in Thailandia ed ha virato verso il resto del sud-est asiatico, dal Laos alla Cambogia, dal Vietnam alla Malesia ed a Singapore, infine alla rotta della Corea del Sud e del Giappone. In queste decine di migliaia di chilometri, che hanno abbracciato un intenso semestre, come dicono i due viaggiatori «non abbiamo mai smesso di comunicare, anche quando è stato impossibile a causa della mancata conoscenza della lingua. Noi lo abbiamo fatto attraverso gli sguardi. Grazie alla durata del viaggio e al lungo tempo dedicato alle persone, si è instaurato un rapporto di fiducia, alla base della concessione di una foto o del racconto di una storia personale da parte di soggetti solitamente ritrosi, spesso a causa dell'animismo in cui credono. Il loro sguardo, così diretto o schivo, dice a chi osserva mi fido di te».

Ogni scatto ha permesso di scorgere (in un volto o in un espressione) la capacità dell' individuo di svelare il suo substrato e conferirgli un'identità interiore e sociale. Tali soggetti-protagonisti valorizzano un tessuto sociale, quello del quale sono intrisi, e permettono di esplorare l'identità del popolo al quale appartengono. L'obbiettivo della mostra è dunque che le immagini possano testimoniare e raccontare questi popoli, trasformandosi da memoria privata a memoria collettiva.

(Foto di Arianna Di Romano e Paolo Manca)


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