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A.B. 29 febbraio 2016
Malattie rare: sardi più esposti all’epatite autoimmune
Su Plos one, lo studio di un team di ricercatori sardi guidati da Roberto Littera e Luchino Chessa svela alcune alterazioni genetiche della popolazione isolana


CAGLIARI - Nella Giornata delle Malattie rare 2016, arriva un importante passo avanti: è uscito nei giorni scorsi, sulla prestigiosa rivista “Plos One”, un articolo scritto da ricercatori dell’Università di Cagliari (primo e secondo nome Roberto Littera e Luchino Chessa) su uno studio condotto su pazienti sardi affetti da epatite autoimmune, una rara malattia secondaria alla perdita di tolleranza da parte del sistema immunitario nei confronti del tessuto epatico e che (insieme alla Colangite Biliare Primitiva ed alla Colangite Sclerosante Primitiva) è una delle tre principali malattie autoimmuni che colpiscono il fegato. Lo studio è unico nel suo genere, perchè prende in considerazione pazienti sardi, essendo l'Isola un cluster genetico particolare legato all’insularità e per questo rappresenta un laboratorio di ricerca privilegiato per le patologie autoimmuni. Infatti, dai pochi dati disponibili nei registri dei Centri epatologici dell’Isola, risulta che l’epatite autoimmune ha una frequenza più elevata rispetto alla popolazione italiana, così come altre malattie autoimmuni.

Il lavoro nasce da un progetto che coinvolge ricercatori e clinici dell’Ateneo e dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Cagliari e studia i fattori etiopatogenetici alla base delle malattie autoimmuni del fegato ed è solo all’inizio del suo percorso. Questo primo contributo, in particolare, nasce dalla collaborazione del Centro per lo Studio delle Malattie del Fegato, afferente al Dipartimento di Scienze Mediche M.Aresu dell’Università di Cagliari e che svolge la sua attività assistenziale nel Dipartimento di Medicina Interna dell’Aou di Cagliari, il Centro Regionale Trapianti e la Cattedra di Genetica Medica dell’Università di Cagliari, a cui hanno partecipato anche altri Centri ospedalieri e universitari (Unità Ospedaliere di Gastroenterologia e di Chirurgia Generale dell’Azienda Ospedaliera Brotzu di Cagliari, Centro Trapianti di Midollo dell’Asl 8, Unità di Ematologia e Divisione di Patologia dell’Università di Cagliari).

Il gruppo di ricerca ha scoperto che esistono alcune peculiarità genetiche nei pazienti sardi con epatite autoimmune, che mostrano un’alta frequenza di un gene dei recettori delle cellule “Natural Killer”, particolari linfociti implicati nella regolazione della risposta immunitaria, il Kir2Ds1, e questo dato è in particolare presente nelle forme di malattia che insorgono più precocemente. Nello stesso gruppo di pazienti, lo studio ha evidenziato come una particolare combinazione di frequenza di alcune molecole del sistema di istocompatibilità (che a loro volta si legano ai recettori delle cellule Natural Killer) può contribuire a provocare la loro autoreattività nella comparsa dell’epatite autoimmune. E’ un primo passo importante, che necessita di ulteriori conferme su un numero ulteriore di pazienti e con altri studi, ma spiana una strada ben precisa per spiegare la particolare suscettibilità di alcune persone allo sviluppo dell’epatite autoimmune. Il successivo passo sarà quello di scoprire se esistono dei fattori esterni che in qualche modo possono scatenare la malattia in quelle persone che sono immunologicamente predisposte.

Nella foto: Luchino Chessa


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