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A.B. 1 luglio 2016
Sul palco Cedac il giullare di Giordo
Domani sera, il Museo Archeologico Nazionale di Cagliari ospiterà lo spettacolo “Com´è nato il Giullare?”, Giullarata in dialetto portotorrese e italiano tratta, tradotta e liberamente ispirata al “Mistero Buffo” di Dario Fo, a cura del Cedac


CAGLIARI - Tra memoria ed invenzione per una “danza nel paesaggio” nella Festa dei Musei: “Com'è nato il Giullare?”, Giullarata in dialetto portotorrese e italiano tratta, tradotta e liberamente ispirata al “Mistero Buffo” di Dario Fo, di e con Maurizio Giordo, in scena domani, sabato 2 luglio, alle ore 21.45, al Museo Archeologico Nazionale di Cagliari, a cura del Cedac, racconta di un contadino e del suo amore per la terra, della trasformazione di una montagna attraverso il paziente e duro lavoro, dello scontro con il potere, dell'amarezza e del riscatto attraverso la forza liberatrice della parola.

La pièce descrive la “nascita del giullare” sulla falsariga dell'“affabulazione” di Dario Fo, ma trasportandola nell'Isola attraverso la variante linguistica del sassarese-turritano (nato come lingua franca intorno al 12esimo Secolo da una base toscano-corsa, evolutasi poi autonomamente con influenze liguri, iberiche (catalano-spagnole) e soprattutto sardo logudoresi) in una riappropriazione dell'identità attraverso la riscoperta dell'idioma materno dell'autore ed interprete, che fa pendant con l'acquisizione di una coscienza sociale, nel flusso della storia e nell'incessante dialogo uomo-natura.

Il “paesaggio culturale”, tema centrale della kermesse promossa dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, in occasione della 24esima Conferenza generale dell’International Council of Museum, per la prima volta organizzata a Milano, da domenica 3 a sabato 9 luglio, riaffiora attraverso i ricordi del protagonista in una forma vivida e concreta. L'intera esistenza di un contadino è volta a trarre frutti dalla terra, spesso matrigna, e l'eroe della storia (che non a caso ha radici sia in Oriente, sia in Occidente) stanco della sua vita di stenti a servizio di un padrone, individua in un'altura abbandonata (una terra di nessuno) la base della sua fortuna.

Con la sua fatica ne fa un giardino, con campi ed alberi da frutto, ma subito i potenti di turno ne rivendicano la proprietà. Il felice esito dei suoi sforzi per migliorare la propria condizione scatena la catastrofe: se la montagna brulla e deserta pareva non interessare a nessuno, una volta coltivata e resa fertile risveglia l'avidità e l'invidia di chi già molto possiede ma desidera ancora di più, ed è disposto a tutto per di “riprendersela”, anche a ricorrere all'intrigo e alla violenza. L'ingiustizia, purtroppo, trionfa (anche) nel Medioevo.


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