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A.B. 18 luglio 2016
Archeologia medievale; via alla Scuola estiva
Sono iniziati i lavori della sesta edizione della summer school organizzata dal Dipartimento di Storia, Scienze dell’Uomo e della Formazione dell’Università di Sassari e dal Comune di Siligo. Scavi visitabili tutti i giorni a Mesumundu


SILIGO - Sono iniziati da pochi giorni e si protrarranno per tutto il mese di luglio, in territorio di Siligo, nel sito di Mesumundu, i lavori della sesta edizione della Scuola Estiva di Archeologia Medievale, organizzata dal Dipartimento di Storia, Scienze dell’Uomo e della Formazione dell’Università di Sassari e dal Comune di Siligo, con l’Amministrazione guidata dal sindaco Mario Sassu, in regime di concessione ministeriale di scavo. Partecipano alla campagna di scavo circa trenta fra studenti, laureati, dottorandi e dottori di ricerca in archeologia di sette università italiane e straniere (Sassari, Parigi Sorbona, Lione, Autonoma de Barcellona, Murcia, Napoli L’Orientale e Cagliari), sotto la direzione di Marco Milanese, direttore del Dipartimento organizzatore ed ordinario di Archeologia Medievale all’Università di Sassari.

Mesumundu, identificabile per la piccola chiesetta in laterizi di epoca bizantina, è un sito oggetto di scavi archeologici dall’Ottocento. Si conoscono almeno sei interventi di scavo, oltre ad un numero imprecisato di scavi clandestini o comunque non autorizzati. Nonostante i precedenti interventi, il sito è paradossalmente poco conosciuto, ai piedi del Monte Sant’Antonio (Monte Pelao), non distante da Monte Santo, che spicca nel paesaggio del Meilogu e ne rappresenta l’elemento paesaggistico più riconoscibile. Mesumundu è un sito strategico, un “central place” per la storia del Meilogu, ma è anche un luogo in cui leggere modi e tempi del passaggio dal mondo romano a quello medievale e costruire un caso di studio che possa essere utilizzato per capire questa transizione in Sardegna e nel bacino del Mediterraneo. L’area, ubicata sul vecchio tracciato della Strada Statale 131 in direzione di Ardara, è ben identificabile anche per la presenza di uno striscione della Scuola. Lo scavo è visitabile al pubblico tutte le mattine, dal lunedì al venerdì, dalle ore 9 alle 13. Si tratta di una zona vulcanica, ricca di acque termali, che vennero sfruttate dall’impianto di un complesso termale in epoca imperiale romana (Secondo Secolo d.C). Le vicinissime sorgenti di “S’Abba Uddi” (l’acqua bollente) furono captate con un piccolo acquedotto e sfruttate per le terme; ad esse doveva essere associato un tempio delle sorgenti termali, la cui ubicazione è ancora da identificare.

Oltre al progetto didattico, la Scuola Estiva di Archeologia Medievale ha coinvolto i partecipanti, coordinati dagli archeologi Maria Cherchi, Alessandra Deiana, Gianluigi Marras, Matteo Pipia e Claudia Seddone in un intenso progetto di ricerca archeologica. Le piccole terme di Mesumundu erano inserite (in età imperiale romana) non tanto in un vero e proprio abitato, ma in un luogo di sosta attrezzato lungo la strada romana, che possiamo immaginare non molto diverso dai moderni “motel” dove i viaggiatori potevano sostare, riposarsi e, nel caso di Mesumundu, concedersi un momento di relax nelle terme. Lo stabilimento termale fu restaurato probabilmente dopo 150 anni circa dalla sua realizzazione (fine del Terzo-inizi Quarto secolo d.C.), fino al suo abbandono presumibilmente nel Quinto secolo d.C. in età bizantina, alla fine del Sesto Secolo d.C., le terme furono rase al suolo ed i materiali da costruzione vennero riutilizzati per la costruzione di una piccola chiesa, voluta da un gruppo aristocratico bizantino insediato in questo territorio. Le sepolture di questi aristocratici, scavate attorno alla chiesa bizantina negli Anni Trenta e negli Anni Sessanta del Novecento, restituirono gioielli in oro, attualmente conservati al Museo Sanna.

Gli obbiettivi della campagna di scavo 2016 riguardano una migliore messa a fuoco cronologica, funzionale e spaziale delle fasi monumentali di Mesumundu, note almeno dal tempo del canonico Giovanni Spano (1857) e di quelle fasi leggibili solo nelle pieghe del terreno. In un’ampia area, con lo scavo di alcuni ambienti del complesso romano successivamente riempiti di macerie nel Quinto Secolo e di un pozzo chiuso probabilmente nel Sesto Secolo, si analizzeranno al dettaglio i tempi che portarono dall’abbandono delle terme romane alla costruzione della chiesa bizantina. Le indagini antropologiche di una vasta zona cimiteriale tardo-antica e altomedievale saranno realizzate in collaborazione con docenti degli Atenei di Sassari (Dipartimento di Scienze Biomediche) e di Pisa e ricercatori del Centro Studi Antropologici, Paleopatologici e Storici dei Popoli del Mediterraneo degli stessi Atenei. Uno dei temi che rimangono ancora sullo sfondo della campagna di scavo a Mesumundu è anche quello di far luce sull’insediamento monastico cassinese che nel 1065 (dopo una donazione giudicale al monastero di monte Cassino) avrebbe interessato l’area in questione (Santa Maria di Bubalis) ed il vicino Monte Santo.


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