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Enrico Muttoni 8 dicembre 2016
L'opinione di Enrico Muttoni
Un vecchio modello da sostituire


Nei giorni scorsi è stato richiesto, da parte sindacale, un nuovo impegno imprenditoriale e politico per una ripresa del comparto industriale di Portotorres. Tra le varie richieste, anche quella di installare, in zona industriale, un rigassificatore. Ho la sensazione che la maggior parte dell'opinione pubblica non sappia cosa sia un rigassificatore. Tutti però sanno cos’è il metano, un gas combustibile ideale per i consumi domestici ed industriali. Il metano viene da giacimenti sotterranei che si trovano molto lontano dall'Italia e dalla Sardegna, per cui va inviato a destinazione tramite tubazioni, o dentro serbatoi installati in navi apposite. In passato, il governo aveva ipotizzato la costruzione di un metanodotto che, partendo dall'Algeria, avrebbe portato il gas in Sardegna, da qui in Corsica, poi all'Elba, ed infine sul continente. L'ipotesi è stata scartata, per vari motivi. Tra questi, il ritiro della Corsica (unica regione francese senza centrali nucleari) e il lievitare dei costi in generale. E' rimasta in piedi però l'ipotesi dell'utilizzo di navi metaniere, per il trasporto del metano liquefatto. Liquefare, cioè trasformare una sostanza gassosa in liquido, può essere un'operazione semplice: basta sottoporre il gas ad una leggera pressione.

Tutti possiamo vedere il butano liquido dentro le fiale di ricarica degli accendisigari; così come lo vedremmo in cucina se le bombole di GPL fossero trasparenti. Dandogli sfogo, il liquido torna rapidamente allo stato gassoso per l'utilizzo. Ma può essere pure una faccenda complicata. Il metano, per propria caratteristica, non può restare liquido a temperature superiori a -82°C, un freddo siderale.E non basta, va anche compresso a 42 atmosfere. Su ogni centimetro quadrato del serbatoio che lo contiene spingono 42 kg di peso, che devono essere contrastati dalla struttura del serbatoio stesso. In pratica per poter essere portato a destinazione, la nave deve essere dotata di serbatoi corazzati e super-refrigerati. Qualora anche una sola delle due condizioni fisiche non potesse essere mantenuta,il risultato sarebbe una potentissima e catastrofica esplosione, in quanto il metano liquido, ritornando allo stato gassoso, aumenta di volume di circa 1000 volte. I limiti di cui ho parlato sopra sono tassativi, e il loro superamento comporta l'immediata esplosione. Chi gestisce un servizio di questo genere, deve garantire il funzionamento ininterrotto dei macchinari per la conservazione del metano allo stato liquido.

Una installazione di questo tipo ha delle caratteristiche di pericolosità analoghe a quelle di una polveriera; ma mentre gli esplosivi, civili o bellici che siano, sono dei prodotti stabili a temperatura ambiente; il metano liquido non lo è per nulla. Infatti, immagazzinato in depositi costieri, dev'essere riportato allo stato gassoso per la distribuzione e l'utilizzo. L'impianto destinato a questa operazione è il rigassificatore. Moltissimi avranno notato che, facendo sfuggire un gas compresso da un ugello, si produce un raffreddamento, cosa che si può verificare nella maggior parte delle bombolette spray. Il rigassificatore, dunque, produce durante il passaggio di stato del metano da liquido a gas un forte raffreddamento, che dovrebbe essere sfruttato industrialmente per vari scopi, nella industria conserviera, per esempio: ma quale, e dove? E' dunque un’attività che comporta l'accettazione di un rischio non trascurabile. A fronte di questo rischio, quali benefici ci dobbiamo attendere? Negli anni passati la pubblica amministrazione ha accettato come valido, e pertanto da perseguire, un modello di sviluppo per la risoluzione degli annosi problemi riguardanti l'economia regionale.

La soluzione dei quali sarebbe arrivata dall'installazione di infrastrutture e servizi che avrebbero portato la Sardegna verso condizioni paragonabili a quelle delle regioni italiane più moderne. Le amministrazioni locali e nazionali, dunque, avrebbero finanziato questo tipo di sviluppo. La rete metanifera era una di queste infrastrutture: basta allestirla, e i consumatori accorreranno a frotte. Ancora oggi, i fautori del metano sono ancora convinti di questo. Non riescono, però, a rendersi conto della realtà in cui si trova La Sardegna: un territorio vastissimo, poco popolato, in crisi demografica ed in crisi di lavoro: I giovani non lo trovano, non formano le famiglie ed emigrano. La nostra regione non ha ancora terminato la fase di deindustrializzazione data dal fallimento del modello di sviluppo, e dalle numerose e asfittiche zone industriali non salgono pressanti richieste per la metanizzazione. Proprio a causa della chiusura di innumerevoli fabbriche, viene a cadere l'esigenza ambientale per la quale il metano avrebbe potuto essere preferito per un ipotetico risanamento. I promotori del metano, tra gli altri argomenti a favore, portano i vantaggi economici per l'utenza.

Ma la scelta di una o l'altra fonte energetica dipende da un tariffario stabilito in pratica dal peso fiscale che la politica decide, secondo convenienza. Non solo, ma si sottoporrà il pubblico ad un bombardamento di offerte falsamente concorrenziali, come già capita per l'energia elettrica. Ovvero il metano verrà presentato come una scelta economicissima ed assolutamente ecologica. Una volta che l'utenza avrà provveduto a sue spese alla costruzione della parte terminale delle linee, ed alla sostituzione di bruciatori e caldaie, il gestore sarà libero di praticare le tariffe per lui più remunerative, come è già avvenuto sul continente; per non parlare dei canoni. I più danneggiati saranno coloro che, troppo lontani dalle linee di distribuzione, dovranno restare alimentati con un GPL rincarato a causa della contrazione del numero degli utenti. Il modello di sviluppo è diventato obsoleto, e va ripensato dal principio. La priorità massima e urgente è quella di dare alla popolazione giovane sbocchi lavorativi per la produzione di beni, e soltanto dopo verificare se servano nuove infrastrutture. I nostri giovani, altrimenti, continueranno a partire. Nessun universitario, studente in uno dei due atenei sardi, può ragionevolmente pensare di trovare lavoro in questa regione, che non sia il dato dal turnover della generazione precedente.

I nostri politici, non sembrano in grado di ipotizzare un modello di sviluppo basato sulle risorse principali della Sardegna: l'ambiente, e lo spazio a disposizione. Essi non hanno compreso che la soluzione dei problemi dell'economia sarda passa non attraverso i servizi,(eccezion fatta per i trasporti) ma soprattutto rivitalizzando la produzione di ogni comparto, primo tra tutti l'agroalimentare; possibilmente per l'esportazione. I nostri rappresentanti devono legiferare nel senso di impedire l'esportazione di qualunque materia prima, che non sia stata prima semilavorata. Dovrebbero concedere aiuti sulla base del fatturato, e mai in denaro. Chi vuole investire provenendo dal continente, deve organizzare la sede aziendale in Sardegna, senza sperare di rivendere liberamente,immobili e attrezzature in caso di fallimento. Purtroppo, l'unica iniziativa industriale che abbiamo visto realizzare è stato il diboscamento del monte Marganai: fortunosamente bloccato dalla magistratura. Allestire una rete di metano in Sardegna,ora, è dunque come aiutare le popolazioni del deserto donandogli delle motoseghe ed impianti di lavorazione per il legno. O come costruire un palazzo dei congressi per una piazza sulla quale nessuno è in grado di organizzare una qualsiasi manifestazione. A chi conviene, dunque, la metanizzazione?
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