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A.B. 17 luglio 2014
Servitù militari: fronte comune Sardegna-Friuli
La Sardegna ha trovato un alleato nel Friuli Venezia Giulia nella battaglia per far modificare la norma che innalza le soglie degli inquinanti nei poligoni militari al livello di quelle applicate per le aree industriali


CAGLIARI - La Sardegna ha trovato nel Friuli Venezia Giulia un alleato nella battaglia per far modificare la norma che innalza le soglie degli inquinanti nei poligoni militari al livello di quelle applicate per le aree industriali. Questa norma, inserita nel decreto legge 91/2014, è considerata dalla Regione Autonoma della Sardegna (tenendo conto dei 34mila ettari di servitù militari presenti nell’Isola) non compatibile con gli obiettivi di bonifica, né con il risanamento del territorio.

Così, martedì, Sardegna e Friuli (le due regioni italiani in cui sono più presenti servitù militari) hanno concordato una linea d’azione comune nella commissione tecnica ambiente-energia della conferenza unificata Stato-Regioni-Enti locali. Un tavolo tecnico, al quale la Sardegna ha partecipato con una delegazione dell’Assessorato dell’Ambiente, costituita da dirigenti ed esperti. Le notevoli superfici territoriali occupate dalle aree militari, distribuite principalmente tra poligoni missilistici (Perdasdefogu-Quirra), per esercitazioni a fuoco (Capo Teulada), per esercitazioni aeree (Capo Frasca), aeroporti militari (Decimomannu) nonché depositi di carburanti, caserme e sedi di comandi militari, non possono essere indiscriminatamente e genericamente assimilate - hanno sostenuto Sardegna e Friuli - ad aree ad uso industriale.

In definitiva, nell’ambito della Conferenza Stato-Regioni, Sardegna e Friuli chiedono l’eliminazione dalla legge di ogni riferimento ai limiti validi per l’ambito industriale, ribadendo che prima di introdurre principi normativi specifici debba essere ridefinita con lo Stato, e notevolmente ridimensionata, la consistenza delle aree militari comprensiva dell’identificazione delle sub-aree ad alta intensità militare all’interno di tutti i poligoni del territorio regionale. L’intransigenza di tale posizione nasce dalla necessità di restituire alla collettività e ad uno sviluppo sostenibile grandi aree del territorio regionale e di portare contestualmente alla bonifica, in tempi certi, le aree militari compromesse. Ciò, in continuità con la posizione recentemente assunta dall’attuale governo regionale nell’ambito della Conferenza nazionale sulle servitù militari, culminata con la scelta di non sottoscrivere il protocollo d’intesa con il Ministero della Difesa. Ora, la parola torna alla politica: le diverse posizione emerse oggi al tavolo tecnico saranno il punto di partenza della prossima riunione della conferenza Stato-Regioni.
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