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Stefano Deliperi 11 agosto 2015
L'opinione di Stefano Deliperi
Il Piano del Centro storico una ciambella col buco intorno


A Cagliari si avvicina pian pianino, senza fretta, l’esame del piano attuativo del centro storico (“piano particolareggiato del centro storico – zona A del Comune di Cagliari e della Municipalità di Pirri”) da parte della Giunta e, in seguito, del Consiglio comunale. Sono passati più di quattro anni dalla deliberazione Consiglio comunale n. 10 del 9 febbraio 2011 con cui l’allora Amministrazione Floris aveva approvato uno degli atti più rilevanti del suo mandato, favorendo il solito “sistema” cagliaritano basato sul “mattone”, atto avverso il quale erano intervenute con “osservazioni” le associazioni ecologiste Amici della Terra e Gruppo d’Intervento Giuridico onlus. La revisione da parte dell’attuale Amministrazione Zedda, condotta sotto gli indirizzi dell’assessore comunale all’urbanistica Paolo Frau, non sembra però aver portato a un risultato molto diverso, secondo le anticipazioni giornalistiche. Soprattutto, sul piano giuridico, non perde il ruolo poco virtuoso di ciambella con il buco intorno.

Infatti, non bisogna dimenticare che si tratta di un piano attuativo (piano particolareggiato del centro storico) di un piano urbanistico comunale (P.U.C.) tuttora non adeguato alle prescrizioni e indirizzi del piano paesaggistico regionale (P.P.R., 1° stralcio costiero). A distanza di nove anni dall’entrata in vigore del P.P.R. e di quattro anni dall’inizio dell’attuale Amministrazione Zedda, il P.U.C. di Cagliari non è stato adeguato – al pari di molti altri città e paesi della Sardegna, che in queste settimane vengono diffidati all’adozione dello strumento urbanistico – e l’attuale quadro normativo urbanistico cittadino si porta colpevolmente dietro un’eredità mattonara dell’Amministrazione comunale Floris di ben 1.192.935 metri cubi di volumetrie residenziali approvate nella consiliatura 2006-2011, in gran parte nelle famigerate “zone BS3”[1] del P.U.C. con un vero e proprio massacro di verde pubblico e servizi nell’area urbana, ben poco temperato da un piano del verde piuttosto carente. I recenti progetti immobiliari approvati dall’Aula consiliare cagliaritana confermano questa assurda cementificazione del territorio.

Con deliberazione del 21 aprile 2015 (22 voti a favore, 6 contrari e 2 astenuti), su proposta dell’assessore comunale all’urbanistica Paolo Frau, il Consiglio comunale di Cagliari, ha approvato il “Parere preventivo, ex articolo 15 del Regolamento edilizio – ditte Tepor Spa e più – area in Cagliari sita tra la via Messina e la via Bolzano – Piano Attuativo sottozona BS3”. In buona sostanza, il Consiglio comunale si è espresso favorevolmente in via preventiva per l’ennesimo caso di speculazione immobiliare in città: 5 palazzi, 73 appartamenti, 3.600 metri quadrati di parcheggi interrati (a pagamento), 2.400 metri quadrati di verde pubblico e 3.593 metri quadri edificati su 6.000 metri quadrati di superficie complessiva. Si tratta di una zona – nel quartiere di Bonaria – sotto un costone classificato a rischio, dove già nel marzo 2006 si era verificata una frana, nonostante le relazioni geotecniche (1995-1996) escludessero qualsiasi pericolo. Una zona già destinata a “verde pubblico” di quartiere (zona “S 3 – servizi” nel vecchio P.R.G.), dove per anni è stata ubicata la depositeria comunale delle auto rimosse, a sua volta rimossa a suon di esposti ecologisti a causa dei reiterati fatti di inquinamento ambientale.

Una zona dove, pezzo a pezzo, tutte le aree destinate a “servizi pubblici” (verde pubblico, ecc.) sono state consegnate alla speculazione immobiliare, fra una centrale ENEL s.p.a. di trasformazione dell’energia elettrica dall’alta tensione (150 kv) e palazzoni. Una zona già pesantemente congestionata dal traffico veicolare, davanti alla Fiera campionaria della Sardegna. Il piano attuativo dovrà comunque esser assoggettato a preventiva procedura di verifica di assoggettabilità a valutazione ambientale strategica (V.A.S.), ma, nel frattempo, il 10 agosto 2015 sono stati avviati i lavori per la realizzazione di altri due edifici residenziali (permesso di costruire prot. S.U.A.P. n. 8007/2012 del 12 settembre 2012) da parte della Sole Immobiliare s.r.l. nell’area al termine della Via Asti, strada chiusa già congestionata. Ha voglia l’assessore comunale all’urbanistica Frau di vantare il “proficuo dialogo tra Amministrazione comunale e i privati che lo hanno proposto, che ha portato ad alcuni importanti risultati tra cui una progettazione di qualità”: si tratta di ottusa speculazione edilizia.

Ottusa sotto il profilo ambientale, perché aumenta il carico edilizio ai danni di quel verde pubblico che doveva esser realizzato. Ottusa sotto il profilo imprenditoriale, perché finirà per aumentare gli appartamenti invenduti a Cagliari. Cagliari ha 154.522 residenti (al 30 novembre 2014, dati ISTAT) e ne ha perso 13.358 dal 2001, pur avendo la bellezza di 5.090 unità immobiliari residenziali non occupate (dati ISTAT, censimento 2011). Si potrebbe fare un elenco chilometrico delle nuove iniziative edilizie rimaste invendute. Oltre 5 mila case non occupate, fra cui un notevole patrimonio immobiliare bisognoso di ristrutturazioni e risanamento. Si ritrova, poi, la pesante eredità di cemento degli anni passati con parecchi di questa miriade di interventi edilizi, spesso e volentieri di carattere speculativo, oggi invenduti e nemmeno affittati, con buona pace dell’aristocrazia mattonara della Città del sole. Cagliari non ha bisogno di nuovo cemento, non ha bisogno di ulteriore “consumo del territorio”[2], ha bisogno di case ristrutturate e di case a prezzi (acquisto, locazione) accessibili. Soprattutto ha bisogno di più alberi, più verde pubblico. Per ogni albero che, purtroppo, dev’essere rimosso, per qualsiasi causa, ne devono essere piantati dieci, possibilmente in prossimità dell’albero perso.

Cagliari ha bisogno di un serio e realizzabile piano di housing sociale, di una politica di incentivi per la ristrutturazione degli immobili e la dotazione ove possibile di impianti di produzione di energia da fonti alternative (pannelli fotovoltaici in particolare), di una politica di miglioramento qualitativo e incremento del verde pubblico, di un efficace accesso ai fondi comunitari per la riqualificazione delle aree urbane. Cagliari ha soprattutto bisogno, finalmente, della revisione del P.U.C. alla luce del piano paesaggistico regionale – P.P.R. (fondamentale passaggio anche per la soluzione virtuosa della vicenda del Colle di Tuvixeddu), come previsto dalla legge e imposto dal buon senso, e, conseguentemente, in seguito della rivisitazione e approvazione definitiva del piano particolareggiato del centro storico, che non può certo essere il buco della ciambella (il P.U.C. revisionato) inesistente. E Cagliari, capitale della Sardegna e della sua area vasta, ha bisogno di concertare la sua pianificazione urbanistica con i Comuni contigui, perché si eviti quella squallida marèa di quartieri-dormitorio che sta sorgendo senza alcun criterio se non quello speculativo.

Se da un lato l’Amministrazione comunale cagliaritana – e il sindaco Massimo Zedda in prima persona – ha fatto bene a respingere la proposta di un vero e proprio nuovo quartiere a Su Stangioni[3], dall’altro – nonostante le più volte ribadite intenzioni da parte dell’assessore Frau – in quattro anni non ha fatto nulla di concreto (la stipula dell’intesa del maggio 2015 per la co-pianificazione con la Regione è ben poca cosa) per adeguare il piano urbanistico al piano paesaggistico regionale e affrancarsi dal pesante fardello mattonaro lasciato in eredità dalla precedente amministrazione Floris. La politica urbanistica dell’Amministrazione Zedda è attualmente ben al di sotto della sufficienza. A questo punto che cosa voglion fare? Riempire Cagliari di nuovo inutile e dannoso cemento, come sembrano presagire le stesse dichiarazioni dell’assessore Frau? E dove sarebbe la differenza con il passato? Una soluzione ci sarebbe: un provvedimento consiliare di sospensione temporanea di ogni procedimento di nuova trasformazione edificatoria per l’avvio della redazione dell’adeguamento del P.U.C. al piano paesaggistico regionale – P.P.R., come previsto dalla norma. In fondo i diritti acquisiti sorgono con il rilascio del permesso di costruire e il settore edilizio ben potrebbe dedicarsi alle tante, necessarie, ristrutturazioni. C’è un chiaro interesse pubblico a fermare l’ottuso consumo di territorio. Questa è una delle esigenze fondamentali di Cagliari.

* per Gruppo d’Intervento Giuridico onlus e Amici della Terra


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